TRA I SOLCHI
Sono cresciuto ascoltando i vinili (non molti in verità, due o tre 45giri e una decina di enormi 33), di mio padre e la dolce voce di mia madre.
Ho sempre l’immagine di lei che canta le sue canzoni di quando era ragazza, mentre lavora all’uncinetto seduta vicino alla finestra, persa dentro ad un raggio di sole.
In sala, nascosto dentro ad un mobile, c’era questo bel giradischi rosso e bianco che molto spesso capitava tra le mie mani…
E lì come un mini-dj mi perdevo per ore ed ore a mettere su oltre che ai meravigliosi 45 giri di Fiabe (vedi ad esempio: “A mille ce n’e”), i dischi di Claudio Villa, Johnny Dorelli, il Quartetto Cetra e tanti, tanti altri che nel tempo, lentamente sono entrati in casa nostra, quando la possibilità economica, lo permetteva.
Verso la fine degli anni 70, arrivarono con prepotenza i vinili dei miei fratelli più grandi:
Battisti, i Nomadi, Celentano, i Corvi, i Procol Harum e qualche disco punk- rock che arrivava dalla Francia come i Telephone, da parte dei miei cugini d’oltralpe!
Se devo essere sincero…
A parte qualche artista italiano, preferivo il rock francese!
E in mezzo a tutti quei vinili neri, che a ripetizione giravano sul giradischi, dentro a quel mondo fatto di copertine e suoni sempre più incredibili, dove potevo permettermi di sognare e viaggiare senza uscire dalla mia cameretta, ecco lì, la mia fame di musica, senza rendermene conto, cresceva giorno dopo giorno.
Anni 80.
Adolescente…
Vengo scosso da Led Zeppelin, Deep Purple, Jethro Tull, Black Sabbath e chi più ne ha più né metta…
Ma non attraverso i vinili…
Non avevo ancora la possibilità di acquistarli.
In quegli anni giravano le musicassette…
E tra i miei fratelli e i loro amici con cui se le scambiavano, di musicassette ne cominciarono a girare un bel po.
E la musica aumentava…
E girava…
Girava e aumentava…
“Ozzy Osbourne – The Blizzard of Oz”, fu il mio primo, primissimo “magico” vinile, o se preferite LP.
Tecnicamente detto Long Playing.
Lo tenevo in bilico, appoggiato alla parete e lo guardavo mentre cercavo di racimolare la cifra esatta per comprarmi un giradischi serio (quello bianco e rosso di papà d’altra parte, emetteva ormai solo ruvidi e lugubri gracchianti suoni), o come lo avremmo chiamato poi il “piatto” dello stereo!
Sì perché il giradischi si era evoluto in una serie di “componenti” che assemblati avrebbero formato lo “Stereo”.
Con parte dei miei primi stipendi, nei mesi a venire, riuscii a comprarmi il primo di questi componenti…
Chiaramente….il “piatto”.
Ma il “piatto”, senza amplificatore e casse, era inutilizzabile!
Cioè, non si sentiva nulla!
Passò ancora un po di tempo, prima che potessi ascoltare quel vinile che mi fissava dalla parete!
Ma un giorno…
Uno di quelli belli strani…
Tolsi il nuovo giradischi dal suo imballo di cartone e polistirolo.
Lo attaccai alla corrente.
Il led rosso si accese.
Poi, mentre Ozzy mi guardava con i suoi occhi torvi…
Lo presi dal muro…
Quel disco nero…
Più nero del solito…
Nelle mie mani..
Lo appoggiai al piatto e lo feci girare…
Girare…
Girare…
Girare…
Mentre lo guardavo girare, cercai di immaginarmi quale musica potesse nascondersi tra i solchi di quel vinile.
E cominciai a sognare.
Fabio Mora